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In viaggio


Giulia e l'India

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Noi (inteso in senso storico e continuativo: io all'origine quando ero più giovane, mio marito ed io da quando ci siamo conosciuti, noi quattro con Giulia e Laura da quando sono nate 13 e 9 anni fa) abbiamo sempre amato viaggiare. Viaggiare in modo autonomo e con libertà. Il diabete di Giulia, da quando c'è (circa 3 anni ) non ha modificato le nostre scelte, perchè così abbiamo voluto, ma soprattutto perchè non era necessario modificarle. Quest' anno la meta è stata più ambiziosa, anzi la più ambiziosa:

l'India. Mio marito ed io conoscevamo già questo Paese per avervi fatto un paio di viaggi prima che nascessero le bambine ed eravamo perciò coscienti che l'lndia è un paese straordinario, ma che mette a dura prova chi l'affronta.E' ricchissimo di testimonianze storiche e culturali, con gioielli d'arte, palazzi e templi sparsi ovunque.
Un semplice lago può trasformarsi in un luogo sacro di culto ed ecco che si contorna di templi tutto attorno con ghats (gradinate) e si colora di migliaia di fedeli che vi si immergono. E' un paese che in qualche modo entra nel sangue: "Lo si può amare od odiare, ma non si può rimanergli indifferenti" hanno scritto. D'altra parte la profonda diversità del modo povero di vita che ne determina l'unicità ed al tempo stesso la bellezza e dignità, non è facile da affrontare. Ce l'avremmo fatta con due bambine e ce l'avremmo fatta con il diabete? Abbiamo riflettuto a lungo ed alla fine, con profonda emozione, abbiamo deciso di si. Si trattava ora di pianificare i vari problemi. Naturalmente il problema più serio era la salute: vaccinazioni per tutti, profilassi anti-malarica e, stipati in una valigettina di 15x20x15,una rappresentanza di farmaci per tutte le evenienze.

Diabete. Abbiamo contattato la Novo Nordisk (casa farmaceutica della nostra Insulina) di Milano con il numero verde ed una signorina gentilissima ci ha inviato per E-mail nel giro di due giorni un elenco dettagliato dì tutte le città indiane sede della Novo ed un nominativo, sempre indiano, di un responsabile per Centro. Atlante alla mano abbiamo cercato nel vasto territorio. Conoscendo l'India, sapevo dentro di me, che sarebbe stato comunque impossibile contattarli (in un paese in cui si viaggia sempre e solo a 40 Km/ora in strade impossibili), ma avere quel foglio tra i miei documenti mi dava sicurezza. Ho provato anche a scrivere al "Diabetes Association" di Bombay (simile all'AGD o FAND), ma nella smisurata e misteriosa India chissà dove è finita la lettera ed una risposta non è mai arrivata! Le farmacie esistono anche lì; ma io ricordavo le farmacie del mondo arabo che, mimetizzate nei mercati e nei suk, non sembravano molto diverse dai venditori di spezie o di tappeti. Ma sempre farmacie e farmacisti erano, ho pensato; i Refill esistevano in vendita e saremmo perciò riusciti a procurarceli in caso di necessità, pur partendo completamente autonomi di dosi.

Problema centrale: l'insulina. Ho calcolato dosi doppie del necessario, per i 23 giorni di viaggio. L'India, in estate, è un Paese caldo e la regione da noi scelta, il Rajasthan a nord-ovest, al confine con il Pakistan, è per più tratti desertica, con temperature che facilmente raggiungono i 40 gradi. Un nostro carissimo amico, ingegnere elettronico, ha realizzato per noi un prototipo (con un lavoro domenicale durato i 4 mesi precedenti la partenza): un frigoriferino portatile a batterie con una celletta per 2 Penne ed il Glucagone che manteneva una temperatura di 23-24° per oltre 12 ore e che di notte si ricaricava con l'energia elettrica in Hotel. Qualche problema solo quando, ed era frequente nell'immensa India, saltava la corrente ed entravano in funzione medioevali generatori rumorosissimi. Fortunatamente comunque nessun danno.

Tutta la scorta di Insulina invece è stata stipata nelle comuni borsette impermeabili con "ghiacciolo" e mantenevano il fresco quando si era in viaggio da una città all'altra. Appena giunti all'albergo prescelto, questo pacchetto di scorta ed il ghiacciolo mi aprivano porte a mondi altrimenti impossibili per uno straniero. Dopo aver chiesto ospitalità all'albergatore nei suoi frigoriferi privati, mi avventuravo nelle più recondite e buie cucine del ristorante, nelle cucine o salotti privati delle famiglie indù e ovunque vi fosse un frigorifero a disposizione. Ho potuto così conoscere cuochi e nonne indiane, che meravigliati ma sorridenti come tutti gli indù, mi spalancavano le porte. E così questa apparente seccatura sì è trasformata in un flash di splendidi interni indiani.

La nostra guida (Lonely Planet), che per noi è stata vangelo in ogni scelta, riportava anche eventuali ospedali di cui gli stranieri potevano fidarsi ed io li avevo segnati con l'evidenziatore giallo per scrupolo. Ma io ricordavo, con un sospiro, i grandi edifici con appesi all'esterno grandi e vecchi condizionatori e all'interno i soliti sventoloni appesi al soffitto. Dovevamo perciò impegnarci al massimo a non incappare nella cosiddetta "diarrea del viaggiatore" così frequente in quei luoghi. Forse per la massima attenzione riposta o forse perché una buona stella aiuta sempre da lassù chi ha fiducia, non è successo assolutamente nulla: non un giorno di febbre, nemmeno mezza giornata di diarrea, un po’ di mal di gola, nulla! Nemmeno quando, visitando un antico palazzo, abbiamo conosciuto il figlio del vecchio maraja proprietario, che compitamente ci ha fatto servire 4 bicchieroni di acqua e limone. Noi che controllavamo ogni bottiglia di acqua minerale con sigillo, abbiamo dovuto bere, ringraziandolo per la gentilezza, ma sbiancati in volto. Tutto bene, perfino quella fatidica volta!Placate le ansie "salute", rimaneva l'altro grande capitolo:

Cosa mangiare? L'India è un paese con una straordinaria varietà di piatti molto raffinati ed elaborati di antica tradizione, estremamente speziati e spesso molto piccanti. I piatti sono già pronti in grandi pentoloni da cui vengono poi serviti. Non si possono chiedere variazioni o fare capricci come nei nostri ristoranti. Io stessa nei viaggi precedenti avevo avuto difficoltà ad accettare quella cucina; ma quest'anno mi ero imposta di essere d'esempio alle bambine ed, incredibilmente, ho così apprezzato infinitamente quelle delizie. Non così però le bambine. Per loro: tanto riso bianco scondito che qui a casa chiedono sempre, tanta "chapati" (ottimo pane cotto nel forno a legna al momento), frutta freschissima (banane e manghi profumati), tante uova e omelettes e qualche pseudo-pizza all'indiana. Importante soprattutto quello che non c'era: non ci sono merende e merendine, succhi e bibite industriali, dolciumi, cioccolatini. Semplicemente non esistono; si aprono ai nostri occhi mercati coloratissimi di spezie e legumi, ma di supermercati all'europea stracolmi di alimenti futili e spesso inutili neanche l'ombra. Da questo punto di vista è l'ideale per chi ha il diabete: non ci sono discriminazioni e non ci sono rinunce. Semplicemente non ci sono per nessuno, diabete o non diabete e le glicemie, dopo i primi giorni di assestamento, sono le più equilibrate dell'anno. Nello zaino ho portato le Galatine di zucchero per l'emergenza, ma alla fine sono finite mangiate dalla sorellina e da bambini indiani, con loro grande soddisfazione e gioia.Finalmente arriva il I° luglio e partiamo per New Delhi con un po’ di inquietudine e molta emozione. New Delhi povera e magica, brulicante di uomini e animali, ci avvolge come una magia. Da qui inizia il nostro viaggio per quasi 3000 Km in 23 giorni attraverso l'intera regione del Rajasthan.Abbiamo affittato una macchina e abbiamo attraversato città incredibili: Bikaner col suo famoso Tempio dei Topi (topi veri, a migliaia, adorati dai fedeli indù), Jaiselmer fortezza del deserto ai confini col Pakistan con i templi giainisti; Ranakpur con i fantastici templi dalle 1444 colonne di marmo scolpite una diversa dall'altra; Jodhpur, la città blu, perchè vista dall’alto del suo forte, tutte le case dei bramini (sacerdoti indù) sono dipinte di blu e la città è a macchie ovunque blu; Jaipur, la città rosa, perchè i suoi antichi palazzi, le antiche mura e anche le abitazioni sono dipinte di rosa per capriccio di un Maraja nel 1670 e Amber, l'antico palazzo-fortezza che abbiamo raggiunto a dorso di elefante! Ed infine Agra con il Taj Mahal, simbolo di marmo ed emblema dell'India, mausoleo innalzato da un imperatore Mogol per amore dell'amata sposa perduta. E tra una città e l’altra si viaggia a 40 km/ora in mezzo a enormi camion Tata, dipinti e colorati come templi vaganti, a corriere stracariche di indiani persino sul tetto con le vesti distese dal vento; in mezzo a carretti medievali trainati da placidi cammelli, scansando le famose vacche sacre. Enorme teatro sotto il cielo, che scorre davanti ai nostri occhi. Si può sinteticamente dire che l’India è un paese unico e che anche la povertà, accompagnata da una filosofia millenaria, e da antichi riti e religioni si valorizza ed acquista un senso.

Tutto è andato a meraviglia; ce l'abbiamo fatta e ci portiamo a casa un tesoro immenso dentro di noi. Ora che tutto è passato è facile rivivere e sognare ad occhi aperti, senza le preoccupazioni legittime della partenza. Ma…se provo ad immaginare il prossimo viaggio, la prossima estate, un po’ di irrequietezza mi assale: andrà tutto bene di nuovo? Beh, credo proprio di si!

Daniela Truscia Bonafè

 

 

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